Waste-to-energy plants and decarbonization, do the EU ETS costs outweight the benefits?

La termovalorizzazione dei rifiuti, tanto strategica per chiudere il ciclo, quanto osteggiata in vari Paesi, si trova oggi di fronte a una nuova sfida. Le politiche europee di decarbonizzazione puntano, infatti, a includere questi impianti nel sistema di tassazione delle emissioni attraverso lo strumento dell’ETS. In questo scenario, la recente decisione del Consiglio europeo di rinviare al 2028 l’entrata in vigore dell’ETS per i settori di trasporto e riscaldamento appare un segnale politico rilevante. Il rinvio, dettato dalla volontà di evitare impatti eccessivi sui costi energetici di famiglie e imprese, suggerisce l’esigenza di un approccio graduale e realistico anche per altri comparti strategici. Una prudenza che potrebbe essere letta positivamente nel dibattito sull’eventuale inclusione dei termovalorizzatori nel sistema ETS, richiamando la necessità di valutare con attenzione costi, benefici e ricadute sociali di misure che incidono su servizi pubblici essenziali.

ll sistema per lo scambio di quote di emissioni nell’Unione Europea (EU ETS) è stato introdotto dalla Direttiva 2003/87/CE ed è un elemento fondamentale della strategia comunitaria per il clima. Il modello sta vedendo una serie di modifiche a seguito della pubblicazione, nel 2023, del Regolamento 2023/956 sul meccanismo di aggiustamento delle emissioni di carbonio alle frontiere (“Cross Border Adjustment Mechanism”, CBAM). Si tratta di una delle norme del Pacchetto “Fit for 55”, approvato nel 2021, contenente un insieme di proposte per consentire una riduzione delle emissioni dei gas serra del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. In particolare, tra le novità principali vi è l’estensione del campo di applicazione, con la possibile inclusione degli impianti di incenerimento dei rifiuti.

L’UE  dal primo gennaio 2024 ha introdotto obblighi di monitoraggio e comunicazione delle emissioni per i termovalorizzatori aventi potenza termica nominale totale superiore a 20 MW. Entro luglio 2026, inoltre, la Commissione dovrà valutare la fattibilità di una loro effettiva inclusione nell’EU ETS a partire dal 2028, con eventuale rinvio fino al 2030, nonché la possibile estensione ad altri processi di gestione dei rifiuti, tra cui l’invio in discarica, il trattamento meccanico-biologico e il compostaggio.

La prospettiva ha acceso il dibattito tra i diversi stakeholder del settore, associazioni e operatori.

L’organizzazione Carbon Watch, insieme a 21 ONG, associazioni di categoria e aziende, ha indirizzato alla Commissione un appello per sollecitare l’inclusione degli impianti di incenerimento nel sistema EU ETS, in modo da promuovere la riduzione efficace delle emissioni sul piano dei costi e incoraggiare l’innovazione nel settore[1]. La loro esclusione, si sostiene, limiterebbe queste possibilità e creerebbe distorsioni di prezzo che contraddicono i principi della gerarchia UE dei rifiuti.

CE Delft, Zero Waste Europe e Reloop hanno pubblicato un report per valutare i possibili impatti, a livello comunitario, dell’applicazione dell’EU ETS sugli impianti WtE[2]. Lo studio ritiene che si avrebbero benefici sia per il clima, favorendo la prevenzione e il riciclo, sia per l’occupazione, poiché assume che le attività di riciclo comportino più manodopera rispetto all’incenerimento. Il calo stimato delle emissioni è di 4-7 milioni di tonnellate nel 2030 e di 18-32 milioni di tonnellate nel 2040, con nuovi posti di lavoro pari a 8.700-16.400 nel 2030 e a 11.600-21.700 nel 2040. Non viene però fornita una stima delle maggiori emissioni legate alle attività di riciclo.

L’Associazione Europea per la Gestione dei Rifiuti (FEAD) ritiene che l’inclusione degli impianti waste to energy (WtE) nell’EU ETS, sia possibile solo prevedendo anche misure aggiuntive complementari[3]. La termovalorizzazione, infatti, vede emissioni difficili da abbattere, che gli operatori posso mitigare solo attraverso sistemi di carbon capture oppure chiudendo le strutture o escludendo l’incenerimento di determinati tipi di rifiuti (tra cui, ad esempio, le plastiche di derivazione fossile). Di conseguenza, senza lo sviluppo di infrastrutture e norme adeguate, la FEAD ritiene che la misura porterà solo a maggiori costi per il trattamento dei rifiuti, con le emissioni che saranno attribuite allo smaltitore finale e non ai responsabili della progettazione dei beni e della scelta dei materiali.

Assoambiente, insieme ad Aselip (Spagna), FNADE (Francia) e VOE (Austria), ha pubblicato un documento congiunto che evidenzia i possibili rischi per il sistema[4]. Le associazioni ritengono la proposta “una soluzione non adeguata per ridurre le emissioni generate dall’incenerimento dei rifiuti”, che comporterà, invece, soprattutto un incremento significativo dei costi per i cittadini e le autorità locali. Le motivazioni alla base sono diverse e, tra queste, vi è il fatto che l’incenerimento è un servizio pubblico essenziale per l’igiene e il trattamento dei rifiuti, che richiede quindi la necessità di avere una prevedibilità dei costi per le autorità locali e gli utenti, difficilmente ottenibile da un sistema ETS, caratterizzato, invece, da volatilità. Le associazioni, nonostante si dicano pronte “a partecipare attivamente agli studi, alle misurazioni e alle valutazioni d’impatto in corso”, chiedono alla Commissione di valutare anche “approcci alternativi”.

Si deve poi considerare che alcune nazioni europee hanno già volontariamente incluso gli impianti di incenerimento nel sistema di scambio emissioni, tra cui Germania, Svezia e Paesi Bassi.

La Germania, ad esempio, ha introdotto tale misura dal primo gennaio 2024, con un prezzo delle quote di CO2 fissato a 45 €/ton (portato poi a 55 €/ton nel 2025), che può essere ridotto fino al 50% per alcuni rifiuti con la componente fossile solo parziale[5]. Diversi attori, tra cui l’Associazione tedesca delle industrie dell’energia e dell’acqua (BDEW), chiedono che tale sistema sia esteso al più presto anche al resto dell’UE, in modo da non creare distorsioni del mercato comunitario[6]. Gli effettivi benefici apportati al sistema di waste management tedesco, tuttavia, non sono affatto semplici da identificare, mentre l’aumento dei costi per gli operatori, passati da circa 40 €/ton nel 2024 a 50 €/ton nel 2025, è facilmente visibile.

Peraltro, non sono nemmeno da sottovalutare gli impatti in un contesto difficile come quello attuale. Nel dicembre 2024, per esempio, a causa della limitata capacità degli impianti di termovalorizzazione, si sono avuti maggiori prezzi per il trattamento dei rifiuti non pericolosi da commercio e industria (C&I). All’aumento dei prezzi di trattamento si è poi aggiunto, in gennaio, il già citato incremento delle quote di scambio della CO2.

Nel complesso, l’inserimento degli inceneritori nel sistema EU ETS potrebbe generare diversi effetti negativi da non sottovalutare, inclusi:

  • l’aumento dei costi per cittadini e imprese. Le stime indicano che la tariffa di conferimento dei rifiuti potrebbe passare da circa 120 €/ton a 165 €/ton (+37%).
  • la distorsione nella gestione dei rifiuti. L’aumento dei costi potrebbe rendere più conveniente la discarica o lo smaltimento all’estero, vanificando gli sforzi in materia di tracciabilità e riciclo, mettendo così a rischio l’economia circolare. In alternativa, il sistema andrebbe applicato a tutte le modalità di trattamento e smaltimento differenti dal riciclo.
  • un’efficacia ambientale limitata. Diversamente dalle centrali fossili, gli impianti WtE non possono cambiare “combustibile”, il loro ruolo è smaltire i rifiuti residui, la cui composizione dipende dai cittadini e dalle modalità di raccolta locali. Tassare questa attività rischia di colpire un servizio pubblico essenziale senza reali benefici ambientali aggiuntivi.

È quindi auspicabile che l’eventuale applicazione del sistema EU ETS agli impianti di incenerimento sia esaminata molto attentamente, con una valutazione costi-benefici approfondita, unitamente alle possibili alternative. Il rischio è quello di implementare un modello avente pochi o ridotti benefici sul piano ambientale, senza la certezza che promuova la gerarchia europea dei rifiuti, ma con impatti significativi sul piano economico per operatori e consumatori, in un quadro già segnato da molteplici criticità.


[1] https://carbonmarketwatch.org/publications/waste-no-time-expanding-the-eu-ets-to-cover-waste-incinerators-and-landfills/.

[2] CE Delft, Zero Waste Europe e Reloop, Waste Incineration under the EU ETS. Assessment of climate benefits, 2025.

[3] https://fead.be/position/review-of-the-eu-emissions-trading-system/.

[4] Aselip, Assoambiente, FNADE, VOE, Joint statement supporting alternative approaches to the eu ets for decarbonising the waste sector, 2025.

[5] Deutscher Bundestag, Titel: Mögliche Auswirkungen des geplanten EU-ETS 2 auf den CO2, documento dell’11 settembre 2024.

[6] BDWE, Statement on the Inclusion of Municipal Waste Incineration and other Waste Management Processes in the ETS 1, Position paper, 2025.