Le politiche ambientali, nel prestare crescente attenzione agli impatti delle plastiche, hanno favorito lo sviluppo di materiali alternativi, attribuendo un ruolo crescente alle bioplastiche. Tema sfidante, all’origine innovativo e scientificamente affascinante, nel tempo ha dovuto però fare i conti con la dura realtà industriale e del mercato. Nel 2024, la produzione di bioplastiche era intorno ai 2,5 milioni di tonnellate, costituendo solo lo 0,5% circa dei quantitativi di plastica prodotti a livello globale, circa 414 milioni di tonnellate (fonte European Bioplastics).
Negli anni, queste hanno visto una diffusione sempre maggiore, soprattutto nel settore degli imballaggi, sulla spinta di diversi fattori. In primo luogo, la normativa alla base della crescente domanda derivante dalla necessità di limitare gli impatti ambientali delle plastiche tradizionali e l’emergere di applicazioni e prodotti sempre più sofisticati. La capacità produttiva globale di bioplastiche è destinata ad aumentare significativamente, con la previsione di arrivare a 5,7 milioni di tonnellate nel 2029, più che raddoppiando i volumi del 2024 (fonte European Bioplastics).
Similmente alle plastiche tradizionali, esistono diversi tipi di bioplastiche e lo stesso termine non ha una definizione univoca. L’associazione europea dell’industria delle bioplastiche, European Bioplastics, infatti, le considera un tipo di plastica che può essere biodegradabile, a base biologica o avente entrambe le caratteristiche. Di contro, l’italiana Assobioplastiche intende tutti i beni biodegradabili e compostabili, indipendentemente dal fatto che siano prodotti da fonti rinnovabili o fossili. A livello internazionale e comunitario, si riconosce generalmente che le plastiche a base biologica, biodegradabili e compostabili abbiano un minor impatto ambientale di quelle tradizionali, mentre per le altre categorie questo può risultare meno evidente. Per facilitare la distinzione tra i vari flussi, sono sorti via via diversi sistemi volontari di certificazione, tra cui, ad esempio, in Italia quelli del CIC o di Biorepack nel gennaio di quest’anno.
Una corretta comunicazione delle caratteristiche delle bioplastiche ai consumatori, infatti, è fondamentale per promuovere l’acquisto di beni aventi minori impatti ambientali rispetto alle plastiche, ma solitamente caratterizzati da prezzi più elevati.
Figura 1. Andamento prezzi medi amido di mais, glucosio, PET e RPET in scaglie multicolor, gennaio 2023 – giugno 2025

Fonte: CCIAA
Il prezzo di mercato della plastica biodegradabile più diffusa si aggira tra i 6 e i 7 €/kg rispetto ai 3-4 €/kg medi delle corrispondenti plastiche vergini tradizionali, ma dipende da molteplici variabili, come il fornitore, lo specifico mercato, il grossista o le dimensioni della fornitura. Per avere un’idea di dove si collochino rispetto agli altri materiali plastici, possiamo osservare, ad esempio, l’andamento delle quotazioni italiane dell’amido di mais e del glucosio, due delle materie prime coinvolte nella produzione delle bioplastiche, e notare quanto queste siano in alcuni casi superiori ai prezzi del PET e del RPET in scaglie multicolor già pronti per l’impiego nella produzione (Figura 1).
In Italia, il mercato delle bioplastiche ha visto una crescita costante nel decennio 2012-2022, trainato dalle politiche ambientali nazionali. Tra 2023 e 2024, tuttavia, il suo fatturato complessivo è diminuito del 15%, attestandosi sui 704 milioni di euro, mentre i quantitativi prodotti hanno segnato un +0,5%, raggiungendo le 121.500 tonnellate (fonte Plastic Consult).
Tra le principali motivazioni vi sono le cosiddette stoviglie “pseudo-riutilizzabili”, la cui diffusione è favorita da alcune lacune nella normativa comunitaria SUP sulle plastiche monouso, e i sacchetti illegalmente spacciati per compostabili, che potrebbero costituire ancora oltre un quarto di quelli in circolazione. Le false bioplastiche, peraltro, comportano significativi problemi nei processi di compostaggio e digestione anaerobica. A spiccare su tutti è però l’importazione di beni in plastica compostabile proveniente dai Paesi asiatici, aventi spesso prezzi inferiori grazie a sovvenzioni pubbliche, norme meno stringenti e manodopera a costi estremamente bassi. In diversi casi, risulta addirittura che il prezzo di un prodotto finito in Asia sia inferiore rispetto a quello delle materie prime necessarie per produrre lo stesso in UE (fonte Assobioplastiche). Negli ultimi anni e soprattutto dopo la chiusura del mercato cinese a diverse tipologie di rifiuti (tra cui le materie plastiche) dal 2018, infatti, diverse nazioni asiatiche hanno cercato di contrastare l’inquinamento derivante dalle plastiche introducendo specifiche norme, che hanno favorito il rapido sviluppo dei settori delle bioplastiche.
Allo scopo di far fronte a queste problematiche, diverse associazioni europee di settore chiedono l’adozione di misure di tutela delle filiere nazionali, una legislazione più chiara e maggiori controlli per individuare le pratiche commerciali scorrette.
Si tratta di elementi cruciali anche nell’ottica di riuscire a cogliere le opportunità (riducendo, al contempo, le eventuali criticità) derivanti dall’attuazione del Regolamento UE su imballaggi e rifiuti di imballaggio, entrato in vigore nel febbraio 2025. Il provvedimento, tra le altre cose, stabilisce che le bioplastiche possano contribuire al conseguimento dei target di riciclo, le esenta dai divieti relativi agli imballaggi monouso in plastica e dal contenuto minimo di riciclato, prevede che gli Stati membri redigano una lista delle applicazioni per cui si dovranno avere beni in materiale compostabile e che le bioplastiche possano essere riciclate non solo mediante processo organico ma anche meccanico. Il riciclo meccanico delle bioplastiche, sebbene ancora poco diffuso, offre diversi vantaggi:
- riduce la necessità di coltivare materie prime come mais e canna da zucchero;
- abbassa il consumo energetico nella produzione delle materie prime seconde rispetto a quello delle vergini e, di conseguenza, le emissioni di CO2;
- è una valida alternativa alla compostabilità industriale, non sempre accessibile in tutti i territori.
Nel complesso, il settore italiano delle bioplastiche si trova oggi davanti a diverse sfide, dall’importazione di beni a basso costo dai mercati asiatici alle potenzialità offerte dal quadro normativo. Per riuscire ad affrontarle occorreranno norme più chiare e strumenti adeguati a favorire investimenti innovativi, sia nella fabbricazione dei prodotti che nel loro riciclo. Le bioplastiche rappresentano, in un certo senso, la necessità di allineare le misure per l’economia circolare con l’economia reale. Un elemento chiave per il successo, ma troppo spesso trascurato nelle politiche europee e nazionali.