Economia circolare, economia reale

Rubrica mensile di analisi e commenti, in collaborazione con Staffetta Rifiuti

In questa fase di rapida trasformazione, che sempre più richiede analisi e riflessioni attente, Staffetta Quotidiana e Althesys hanno stretto una partnership per fornire ai lettori analisi e approfondimenti sui temi chiave per il comparto e gli operatori. La rubrica mensile esamina questioni di attualità, strategiche per lo sviluppo del settore e degli operatori, considerando profili economici, industriali e normativi.

L’obiettivo è fornire analisi, commenti, opinioni e proposte, contribuendo a stimolare la riflessione e il dibattito tra operatori, legislatori, regolatori e tutti gli stakeholder sui temi caldi per l’industria del waste management e del riciclo.

Recovery plan e settore dei rifiuti: serve concretezza e rapidità  

Recovery plan e Green Deal riempiono i titoli dei media e ricorrono quotidianamente nelle dichiarazioni politiche, che ne enfatizzano il potenziale per la ripresa economica dell’Italia. Ma di cosa stiamo parlando in concreto? Sfortunatamente, al di là delle dichiarazioni di principio e degli indirizzi generali, di chiaro e definito c’è ancora abbastanza poco.

Certamente le politiche e i fondi europei sono un’opportunità straordinaria non solo per favorire il rilancio post pandemia, ma anche per contribuire a risolvere alcuni dei nodi critici storici del nostro Paese. L’attenzione (giustamente) riservata dall’UE all’ambiente e all’economia circolare, con l’indicazione di destinare il 37% delle risorse alla crescita sostenibile è un aspetto centrale. I gap che alcuni nostri territori scontano nella gestione dei rifiuti potrebbero beneficiare a pieno titolo dei diversi strumenti che saranno resi disponibili dall’Europa. 

Le iniziative messe in campo dall’Unione Europea sono molteplici e, in parte, si vanno a unire a quelle già previste ad inizio anno. Un elenco dei programmi, attuati e in via di attuazione per il 2020, è riportato nel documento della Commissione “Adjusted Commission Work Programme 2020. Annex I: new initiatives” pubblicato nel maggio 2020. Le attività inerenti il settore del waste management sono molteplici e trasversali alle diverse misure. 

Nell’ambito “Financing the sustainable transition”, oltre all’“European Green Deal Investment Plan” e al “Just Transition Fund”, entrambi avviati nel primo trimestre 2020, troviamo anche il “Renewed Sustainable Finance Strategy”, la cui adozione è prevista per il terzo trimestre dell’anno. Il suo obiettivo è quello di indirizzare maggiori capitali privati verso investimenti nella green economy.

Tra le altre sezioni, spazio a progetti nel settore dei rifiuti si possono trovare nella “Strategy for sustainable and smart mobility”, mirata alla riduzione del 90% delle emissioni dei trasporti entro il 2050, che si focalizza, tra l’altro, sullo sviluppo di carburanti da fonti alternative, tra cui rientrano anche i biofuel da Forsu, da plasmix e da altri residui di vari comparti.

Il fondo Next Generation EU è finalizzato a promuovere la ripresa degli Stati membri destinando l’80% del budget del programma, pari a 750 miliardi di euro, “a sostenere investimenti pubblici e riforme strutturali negli Stati membri, concentrandosi laddove l’impatto della crisi e il bisogno di resilienza sono maggiori”. Tra le altre cose, il “Next Generation EU” include anche un potenziamento del programma “Just Transition Fund”, per un budget complessivo previsto di 10 miliardi di euro.

Il Recovery Fund vede l’Italia tra i principali beneficiari, avendo diritto al 28% del totale previsto, pari a circa 208 miliardi di euro, ripartiti tra oltre 81 miliardi di sussidi e 127 di prestiti. Si tratta, dunque, di un’occasione unica per promuovere gli investimenti nei settori strategici per la sostenibilità, la transizione energetica e l’innovazione. 

A fronte di queste ingenti risorse e dell’enfasi posta sul green, il quadro delle azioni e degli investimenti per il waste management e l’industria del riciclo tracciato dall’Italia pare ancora poco definito. La gestione dei rifiuti sembra piuttosto trascurata, comparendo, nella maggior parte dei casi, solo in modo generico e trasversale in alcuni progetti, talvolta aventi finalità del tutto diverse. Manca, insomma, una visione strategica organica. 

Nell’elenco dei quasi 600 progetti stilato dal governo italiano ad oggi noto, i rifiuti compaiono più o meno chiaramente in circa una decina. In alcuni, la gestione dei rifiuti è inserita in modo incidentale nell’ambito di programmi rivolti a settori differenti, come nel caso del progetto per le smart cities nelle città metropolitane, interventi per le isole minori, iniziative per l’occupazione dei detenuti, etc. In altri, potrebbero rientrare in più ampi programmi relativi all’economia circolare, come quelli proposti dal MiSE per un “Piano di azione per l’economia circolare, Policy Framework e Strutture e Azioni di Sistema e Progetti Strategici”, che assommano a quasi 6 miliardi di euro. Quali siano le misure previste per la filiera del waste management e come si intenda attuarle non è però chiaro. Ugualmente non sono esplicitate le attività di un’ipotetica nuova “Agenzia pubblica per lo sviluppo dell’economia circolare” proposta dal Ministero dell’Ambiente, che dovrebbe fare da “catalizzatore dello sviluppo del settore” con un costo di un miliardo di euro. Forse più che di un’agenzia pubblica il settore avrebbe semplicemente bisogno di norme più chiare e stabili, procedure di permitting meno farraginose e lunghe e di una vera cultura industriale.

Solo in alcuni (pochi) casi le proposte paiono più specifiche e mirate al settore, come per esempio quella rivolta all’industria agroalimentare nel settore degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio (100 milioni di euro previsti) o il “Piano Straordinario per l’Economia Circolare” avanzata dal Ministero dell’Ambiente. Lo scopo dichiarato di quest’ultimo, che prevede un costo di 2,55 miliardi di euro, “è colmare il deficit impiantistico tra le diverse aree del Paese per la gestione sostenibile dei rifiuti con la realizzazione di nuovi impianti e l’ammodernamento degli impianti esistenti alle BAT per il riciclo delle frazioni più strutturate, a cominciare dalla frazione organica”. 

Non vi è dubbio, infatti, che nel settore del waste management, i fondi europei potrebbero sostenere l’ampliamento del parco impianti nazionale, così necessario allo sviluppo effettivo dell’economia circolare. L’analisi sull’adeguatezza impiantistica condotta nel WAS Report 2019 ha evidenziato al 2035 un significativo gap infrastrutturale nel Paese. Nella filiera della Forsu, emerge un deficit di capacità complessivo che potrebbe arrivare fino a circa 3 milioni di tonnellate, con carenze non solo nel Meridione (in particolare in Sicilia) ma anche nel resto Centro e in alcune aree del Centro-Nord. 

Ma la Forsu non è l’unica filiera con carenze infrastrutturali. Per il recupero di energia, il WAS stima un deficit di termovalorizzatori tra le 1,3 e le 2,1 milioni di tonnellate. Risultato che peggiora ulteriormente se si considera anche l’anzianità degli impianti. Ciò comporterebbe, infatti, un calo complessivo della capacità del 49%, passando da 5,9 milioni di tonnellate nel 2018 a 3,02 milioni nel 2035. 

Nel complesso, questi due ambiti, recupero della frazione organica e di energia, comporterebbero investimenti nell’ordine di 4-4,5 miliardi di euro.

Si tratta di una stima molto parziale, che non considera il fabbisogno di discariche che – seppur sempre più ridotto – continuerà ad essere necessario. È inoltre relativa ai soli rifiuti urbani, mentre sono necessari cospicui investimenti anche nel campo degli speciali.

La tempistica è poi un aspetto molto critico, sia per l’eccessiva lunghezza del permitting in Italia, sia per i tempi oggettivamente non brevi per la costruzione di questi impianti.

Nonostante si sia ancora in una fase preliminare, il quadro dei progetti finora disponibile pare molto approssimativo, con molte aree indefinite e diverse “dimenticanze” importanti. Pare, tra l’altro, mancare un’adeguata attenzione all’innovazione tecnologica, peraltro evidenziata nel Piano Colao, laddove si parlava di “incentivare adeguatamente la gestione e conversione dei rifiuti sotto tutte le forme “waste-to” (-material, -energy, -fuel, -hydrogen, -chemical)”. I progetti dovranno, inoltre, essere coerenti con le priorità indicate dalla proposta di regolamento COM(2020) 408 final, che, oltre alla transizione verde e all’occupazione, indica ricerca e innovazione.

L’impressione generale di un coacervo di progetti senza una visione organica è molto marcata per il settore rifiuti. E’, invece, è auspicabile che nella predisposizione del piano definitivo da presentare a Bruxelles la filiera del waste management non solo abbia maggior spazio, ma soprattutto veda un approccio organico e strutturato con una visione unitaria e molto concreta.  

Non dimentichiamo che l’UE chiede progetti ma anche riforme. Per sfruttare al meglio le potenzialità che il Recovery Fund ci offre, è dunque necessario articolare un piano che preveda, tra l’altro, misure volte a:

  • favorire investimenti nell’aumento di capacità di recupero energetico e nell’innovazione in nuove tecnologie di recupero (come, per esempio, il riciclo chimico della plastica e i biofuel), oltre che di trattamento della Forsu;
  • promuovere in modo pragmatico e semplice il Green Public Procurement (GPP);
  • creare le condizioni per un adeguato mercato delle materie prime seconde, fondamentale per la chiusura del ciclo; 
  • attuare vere semplificazioni delle normative esistenti, sia per favorire la realizzazione di impianti in tempi brevi, sia per rendere efficace la gestione dell’End of Waste; 
  • infine, ma non per importanza, attuare riforme relative alla governance del sistema di gestione dei rifiuti, chiarendo competenze e responsabilità e riducendo le complessità.

La governance è, infatti, una delle maggiori debolezze del nostro Paese, che provoca costi e ritardi di sistema molto pesanti e ne frena la crescita più dell’ingente debito pubblico. Un recente studio di Bruegel l’ha indicata come una delle cause principali del maggior impatto del Covid sull’economia in Italia rispetto ad altre nazioni.

In conclusione, gli investimenti sostenuti dall’UE sono un’opportunità unica che l’Italia deve saper cogliere. Serve però una visione chiara e lungimirante, concretezza e rapidità. Caratteristiche che alle imprese italiane non mancano, ma che purtroppo la politica ancora fatica a trovare.