La gestione dei rifiuti speciali, un settore in rapido mutamento.

Il segmento dei rifiuti speciali è una delle componenti più dinamiche del settore del waste management italiano. I suoi mercati sono in veloce trasformazione, caratterizzati da flussi di materiali e attività estremamente diversificate tra loro, che negli ultimi anni sono stati al centro delle strategie di numerosi player, aventi dimensioni differenti e molto spesso attivi anche in altre filiere.

La ripresa economica che ha fatto seguito all’emergenza sanitaria ha portato tra il 2020 e il 2021 ad un incremento del 12% dei rifiuti speciali prodotti, passati da 147 milioni di tonnellate a 164,9 milioni di tonnellate. I rifiuti non pericolosi rappresentano il 94% circa del totale, mentre il resto sono pericolosi. Non a sorpresa, i rifiuti da costruzione e demolizione (C&D) sono la categoria che segna la variazione più elevata, pari al 19% (fonte Ispra), grazie al Superbonus 110% per i lavori di ristrutturazione.

Proseguendo la tendenza già in atto da diversi anni, il settore è sempre più connesso con altri, tra cui quello dei rifiuti urbani (RU). Entrambi i comparti vedono la presenza di una moltitudine di piccoli e medi operatori, ma in quello degli speciali la diversificazione è più elevata, così come la frammentazione. Il valore della produzione medio delle maggiori 115 aziende dei rifiuti urbani nel 2022 si è, infatti, attestato sui 96,1 milioni di euro, mentre quello delle prime 55 degli speciali ha raggiunto i 70,1 milioni di euro, come riportato dal WAS Annual Report 2023.

Il valore della produzione aggregato delle Top 55 aziende dei rifiuti speciali nel 2022 è di 3,35 miliardi di euro, in crescita del 13,6% sull’anno precedente, con i maggiori 10 player che hanno inciso per ben il 59% del totale. L’EBITDA aggregato raggiunge i 455 milioni di euro, con un aumento del 6,8% rispetto ai valori del 2021. La marginalità, espressa dal rapporto EBITDA/VP, rimane elevata, intorno al 14,9%, anche se in calo rispetto a quanto registrato nel periodo 2020-2022. Il settore è presidiato soprattutto da piccoli operatori specializzati (42%) e da piccoli e medi operatori diversificati (40%), mentre i grandi gruppi multinazionali sono solo tre e corrispondono al 5% del totale. La maggior parte del giro d’affari, circa il 33%, è però generata proprio da questi grandi gruppi, seguiti dai medi operatori (29%).

La molteplicità delle attività svolte rende difficile definire chiaramente i confini che separano non solo rifiuti urbani e speciali, ma anche i diversi mercati di questi ultimi. In generale, le aziende sono attive in più comparti, che includono: smaltimento impianti e/o amianto, bonifiche, trattamento acque reflue, recupero oli, soil washing, gestione di reflui chimici e solventi, spurghi industriali, gestione di rifiuti radioattivi e gestione di rifiuti sanitari. Solo dieci imprese sono invece focalizzate su un unico servizio, mentre ben il 20% degli operatori diversifica le sue attività lavorando su più di cinque settori.

L’interesse degli operatori dei rifiuti urbani per gli speciali continua ad essere elevato, con oltre un terzo dei maggiori 115 player degli urbani che gestisce anche speciali. La quota di speciali sull’ammontare di rifiuti complessivamente gestiti può comunque variare molto da caso a caso. In media, infatti, la percentuale di rifiuti speciali sul totale gestito è del 29%, con un range che spazia dal 2% all’84%.

Il 2022, è stato, per i rifiuti speciali, un anno di acquisizioni, collaborazioni tra imprese ed enti, e di innovazione. Alcune tra le maggiori aziende si sono consolidate aumentando il loro peso nel settore, mentre altre di media grandezza sono state acquistate da grandi gruppi. In alcuni casi, tali acquisizioni sono state realizzate anche con l’obiettivo di ampliare il portfolio delle attività.Le collaborazioni tra aziende e istituti di ricerca hanno poi giocato un ruolo di primo piano nell’accelerare il percorso di innovazione tecnologica.

Peraltro, un primo sguardo alle operazioni straordinarie attuate dal 2023 ad oggi conferma la grande vitalità del comparto. Le acquisizioni finalizzate a consolidare la posizione degli operatori nel comparto sono la porzione più rilevante, ma non mancano anche iniziative di società che mirano a crescere al di fuori dei confini nazionali.

Se la dinamicità delle aziende e l’innovazione favoriscono lo sviluppo del settore, tuttavia, permangono criticità che agiscono in senso opposto. Tra le principali, la carenza di impianti di trattamento in diverse aree, molto spesso a causa dell’assenza di pianificazione o di fenomeni NIMBY da parte delle comunità locali. La situazione risulta particolarmente evidente soprattutto per alcune tipologie di flussi, come, ad esempio, i rifiuti di amianto, gli scarti dei processi di waste management, i rifiuti generati nell’ambito delle operazioni di bonifica, etc. Tutto questo si traduce nel trasporto ogni anno di consistenti quantitativi, sia verso regioni diverse da quelle di produzione sia al di fuori dei confini nazionali, comportando ingenti costi di trasporto e di smaltimento, ma anche impatti ambientali significativi.