L’evoluzione del sistema elettrico italiano. Rinnovabili, infrastrutture, idrogeno

Transizione energetica e innovazione tecnologica stanno modellando l’evoluzione del settore elettrico in un 2020 condizionato dalla pandemia.

Questa edizione 2021 dell’Irex Annual Report traccia il quadro di un settore elettrico a più facce, impegnato a resistere alla crisi indotta dalla pandemia e sempre più orientato al cambiamento. La transizione verde, ormai riconosciuta come una delle chiavi di volta dei piani di rilancio europei, spingerà sempre più gli investimenti nelle rinnovabili, nella smart energy, nella mobilità sostenibile e nell’idrogeno. In questo scenario, l’adeguatezza del sistema elettrico italiano necessita di investimenti ingenti su vari fronti: rinnovabili, capacità flessibile, storage e infrastrutture. Snellire velocemente la permitting chain e rivedere il market design sono ormai imperativi strategici per l’Italia.

Gli investimenti italiani e le tendenze strategiche

La crisi pandemica che ha segnato il 2020 non ha impedito una buona performance delle energie rinnovabili. Le operazioni mappate sono state 254 (+20% sul 2019), per 10,9 GW di potenza e 9,1 miliardi di euro di investimenti. Più di tre quarti delle operazioni riguardano il fotovoltaico (50%) e l’eolico (27%). La crescita organica conta 173 operazioni per 8,4 GW e 5,3 miliardi di euro, mentre le operazioni straordinarie sono 70 per un valore di 3,8 miliardi di euro (76% sono acquisizioni).

In Italia calano i deal sul mercato secondario degli impianti, ma sale la quota dei primi dieci investitori, dall’82 all’86% della potenza. 
Le core renewable si confermano prime per numero di operazioni totali, mentre sono sempre più attive le Oil&Gas company e le local utility, che puntano a recuperare il terreno perso negli anni scorsi.

Rallenta, seppur leggermente, il processo di internazionalizzazione che rimane comunque significativo, con 4,7 GW e 4,6 miliardi di euro di investimenti. Le Americhe restano la meta principale, con il 58% dei MW contro il 31% dell’Europa, in testa per  numero di operazioni. Proseguono gli investimenti nello sviluppo di biometano, storage e mobilità elettrica, mentre si affacciano sulla scena i primi progetti per l’idrogeno e l’offshore galleggiante.

Lo sviluppo e gli economics delle rinnovabili in Europa

Nonostante la flessione dei prezzi nei mercati elettrici, le rinnovabili si sono dimostrate nel complesso resilienti, mantenendo pressoché inalterata la redditività degli investimenti.

A fronte di un LCOE medio europeo dell’eolico onshore che si attesta a 41,3 €/MWh (-2,2% sul 2019), il LEOE medio è di 47,6 €/MWh (-9,5% rispetto al 2019). Il maggior calo dei ricavi rispetto ai costi non è dovuto solo alla discesa dei prezzi all’ingrosso, ma anche al calo delle tariffe delle aste, in particolare in Spagna.

L’eolico offshore, invece, presenta un quadro più articolato, piuttosto variabile da sito a sito. Per gli impianti nel Mare del Nord il LCOE medio è di 36,4 €/MWh e LEOE di 40,3 €/MWh, mentre per i parchi nel Mediterraneo il LCOE è di 84,8 €/MWh e LEOE di 55; in molti casi la redditività, ai prezzi attuali, resta negativa.

Il fotovoltaico è in media profittevole per gli impianti commerciali, con LCOE di 63,3 €/MWh e LEOE di 74,2 €/MWh, mentre gli utility scale a terra fissi in alcune nazioni presentano risultati negativi. Il LCOE medio è di 53,5 €/MWh, mentre il LEOE è 51,0 €/MWh  (-4,6%).

L’adozione di soluzioni innovative (pannelli bifacciali e tracker) consente di migliorare il differenziale tra LEOE e LCOE e i vantaggi aumentano al crescere del grado di insolazione.

L’adeguatezza e la flessibilità del sistema elettrico italiano

L’evoluzione del fuel mix e della struttura industriale del settore elettrico rischia di incidere sull’adeguatezza del sistema, riducendo il margine di riserva, ormai ai minimi (2 GW nel 2020), nonostante la pandemia abbia frenato i consumi. I ritardi nel mercato della capacità, cui si sommano quelli autorizzativi per i nuovi impianti termoelettrici, sono alla base del rischio di inadeguatezza nel breve termine.
In miglioramento i profili di adeguatezza nel medio-lungo periodo, a patto che si realizzino gli investimenti e si approvino le aste CM per il 2024-25. Entro il 2030, un grande contributo dovrà arrivare dallo storage.

I lavori per il phase-out proseguono tra burocrazia e nuovi progetti, mentre la generazione da carbone tocca un nuovo minimo. Preoccupa la Sardegna, che dovrebbe approvvigionarsi
di GNL tramite virtual pipeline, aprendo uno spiraglio per la riconversione degli impianti.
Il completamento della nuova connessione con la Sicilia è previsto per il 2026, prefigurando un ritardo di un anno sulla tabella di marcia.

Le policy e i costi di sistema

L’approvazione dei nuovi obiettivi climatici UE apre le porte a una nuova trasformazione del sistema energetico, per la quale il settore elettrico è chiamato a svolgere un ruolo chiave. Per coglierne le opportunità serve una visione di lungo termine, al cui centro risiedano tre pilastri: minimizzazione dei costi, sicurezza degli approvvigionamenti ed equità sociale. Permitting più snello, sviluppo degli accumuli, sostegno alle nuove tecnologie, riforma del sistema fiscale, sono tra le principali misure per le policy future. Nuove sfide riguardano il disegno di una nuova architettura di mercato elettrico a supporto della transizione verso un settore decarbonizzato, che non sia da ostacolo alla competitività delle imprese e che favorisca, invece, un rilancio industriale.

Lo storage nel sistema elettrico europeo

In Europa gli accumuli elettrochimici sono in crescita significativa, essendo passati in termini di energy capacity da 0,6 GWh nel 2015 a circa 5,4 GWh nel 2020, di cui il 55% di grande taglia. Nonostante il particolare contesto, il 2020 è stato l’anno di maggior aumento (+1,8 GWh). La dinamica è favorita dal calo dei costi delle tecnologie, più rapido del previsto.

Riguardo agli impianti large scale, la potenza in esercizio è di circa 1,9 GW, di cui ben il 62% nel Regno Unito e il 25% in Germania; solo il 3% è in Italia. Emerge un grande dinamismo, con una significativa attività progettuale in diversi Paesi, tra cui spiccano Regno Unito (15 GW) e Irlanda (2,7 GW); interessanti attività anche in Germania (450 MW). Confrontando lo stato
con gli obiettivi nazionali, il percorso di crescita appare comunque ancora lungo e incerto, in termini di framework regolatorio, sostenibilità economica e modello organizzativo. Si colgono, tuttavia, rilevanti fattori favorevoli allo sviluppo.

Idrogeno verde, la grande sfida

Il nuovo contesto di policy creatosi tra fine 2019 e prima metà 2020 (Green Deal e Roadmap UE) ha portato a formulare strategie nazionali per la diffusione dell’idrogeno, favorendo, inoltre, il fiorire di numerose iniziative da parte delle aziende energetiche europee (utility, Oil&Gas e  TSO) in cooperazione con altri settori industriali. Il 92% dei 60 progetti analizzati riguarda la produzione di idrogeno verde, con prevalenza dell’eolico offshore come fonte di alimentazione per l’elettrolisi. Per i target 2030, l’UE stima investimenti di 320-460 miliardi di euro, di cui circa l’80% nella fase di produzione (elettrolisi ed energie rinnovabili associate).

La diffusione dell’idrogeno verde rappresenta una nuova frontiera per la decarbonizzazione in UE, ricca di potenzialità ma non priva di fattori di incertezza e difficoltà, essendo il suo successo legato ad una serie di condizioni interconnesse di complessa realizzabilità.