Il Regolamento Imballaggi verso la forma definitiva. Cosa ci aspetta?

Il 4 marzo 2024, il Parlamento e il Consiglio europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio sul contenuto della bozza del Regolamento Imballaggi (Packaging and Packaging Waste Regulation, PPWR). Il documento è al centro di un’accesa discussione, sia in Italia che in Europa, da quasi un anno e mezzo. Il dibattito è ancora aperto, nonostante nel novembre 2023 siano state introdotte diverse e importanti deroghe per alcune delle disposizioni più controverse presenti nella prima versione affinché la bozza potesse essere approvata dal Parlamento. Vediamo dunque di seguito quali sono le principali misure ad oggi previste, insieme ad alcune delle criticità segnalate da associazioni e operatori.

I target di riduzione degli imballaggi sono rimasti gli stessi proposti nella prima versione, pari al 5% dei quantitativi pro capite rispetto ai livelli del 2018 entro il 2030, al 10% entro il 2035 e al 15% entro il 2040. A questi sono stati aggiunti in novembre, e confermati pochi giorni fa, obiettivi specifici per gli imballaggi in plastica, che prevedono una riduzione del 10% delle quantità pro capite entro il 2030, rispetto ai valori del 2018, del 15% entro il 2035 e del 20% entro il 2035.

Inizialmente, veniva vietata l’immissione sul mercato di alcune categorie di imballaggi monouso in plastica, carta e cartone e materiali compositi a decorrere dal primo gennaio 2030. La versione successiva ha rivisto le categorie incluse e previsto che ciò avvenisse a meno di alcune condizioni, tra cui il fatto che gli operatori economici possano “dimostrare l’efficacia della raccolta a fini di riciclaggio di tali formati di imballaggio, sulla base del materiale di imballaggio predominante, almeno dell’85% in peso entro il 2028 e in seguito ogni anno”. Il recente accordo prevede il divieto solo per determinate tipologie di imballaggi in plastica monouso, ad esempio, per frutta e verdura fresca non trasformata, per alimenti e bevande riempiti e consumati in bar e ristoranti, condimenti in porzioni individuali, campioncini da bagno e pellicola termoretraibile per le valigie negli aeroporti. Il divieto interessa anche le buste di plastica molto leggere (sotto i 15 micron), che non siano necessarie per motivi igienici o siano fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi per prevenire gli sprechi alimentari.

Diverse associazioni europee del settore ortofrutticolo si sono dette contrarie alla focalizzazione delle misure verso gli imballaggi per frutta e verdura, molto spesso necessari per motivi di igiene e per evitare sprechi, sottolineando il fatto che gli imballaggi per i prodotti freschi sono appena l’1,5% del totale del packaging alimentare usato in UE, mentre circa il 50% di frutta e verdura viene già venduto sfuso (fonte Freshfel Europe).

Come previsto nel documento originario, tutti gli imballaggi immessi sul mercato comunitario dovranno essere riciclabili entro il 2030, anche se non sono ancora disponibili informazioni relative ai criteri che saranno impiegati per valutare la riciclabilità. Sono previste alcune esenzioni per legno leggero, sughero, tessuti, gomma, ceramica, porcellana e cera. Per agli imballaggi a contatto con gli alimenti, il Parlamento ha ottenuto l’introduzione di un divieto sull’uso delle PFAS (Sostanze perfluoro alchiliche), in modo da prevenire danni all’ambiente e alla salute.

La prima bozza includeva poi diversi obiettivi di riutilizzo e ricarica per vari attori lungo la filiera (fabbricanti, distributori finali, operatori economici) e le relative tipologie di imballaggi impiegati (p.e. contenitori di bevande, packaging per alimenti, etc.) da conseguire entro il primo gennaio 2030. Nella versione successiva, sono state apportate diverse limature per le parti relative a fabbricanti e distributori finali. Nel secondo caso, ad esempio, se questo immette sul mercato bevande analcoliche, escluso il latte, è tenuto a garantire, dal primo gennaio 2030, che almeno il 20% del packaging sia riutilizzabile “nell’ambito di un sistema di riutilizzo” e, dal primo gennaio 2040, almeno il 35%. Se si tratta di bevande alcoliche, ad eccezione del vino e dei vini spumanti, le percentuali scendono al 10% e al 25%.

A seguito dell’accordo, si è cercato di favorire ulteriormente le opzioni di riuso. Nel settore della ristorazione, i distributori finali di bevande e cibi da asporto saranno tenuti a offrire ai consumatori la possibilità di portare i propri contenitori senza costi aggiuntivi e, entro il 2030, dovranno offrire il 10% dei prodotti in imballaggi riutilizzabili. Come richiesto dal Parlamento, inoltre, gli Stati membri avranno l’obbligo di incentivare ristoranti, mense, bar, caffetterie e servizi di ristorazione a servire acqua del rubinetto (ove disponibile, gratuitamente o a un costo di servizio basso).

Nel complesso, se nella prima bozza le misure si rivolgevano al packaging in carta e cartone, plastica e materiali compositi, le attuali disposizioni si concentrano sugli imballaggi in plastica, mirando a ridurli drasticamente o addirittura vietandone del tutto l’immissione sul mercato e ad aumentarne il riciclo. A livello europeo, tuttavia, diversi stakeholder, a cominciare dalle associazioni di settore, lamentano il conseguente forte incremento del packaging in altri materiali, per lo più carta, cartone e compositi, per i quali il regolamento dovrebbe quindi prevedere apposite misure di contrasto.  

Per il deposito su cauzione, già in novembre, sono state respinte le proposte di modifica che volevano rendere facoltativa l’istituzione di tali sistemi per bottiglie in plastica e lattine. In base al recente accordo, gli Stati membri dovranno garantire, entro il 2029, la raccolta differenziata di almeno il 90% in peso delle bottiglie in plastica monouso e dei contenitori per bevande in metallo “immessi sul mercato nel territorio di detto Stato membro negli anni civili 2026 e 2027”. Sono esentati da tali disposizioni gli imballaggi degli alcolici (ad esempio, vini, spumanti, bevande contenenti alcol di distillazione, etc.) e del latte. Gli Stati membri dovranno istituire determinati sistemi di deposito (Deposit Return System, DRS) per conseguire tale obiettivo, ma saranno esentati se raggiungeranno un tasso di RD superiore all’80% nel 2026 e presenteranno un piano di attuazione per arrivare al 90%.

Sebbene l’Unione Europea veda nei sistemi di deposito lo strumento adatto per aumentare il tasso di raccolta dei contenitori per liquidi, esistono diverse criticità da affrontare (rivedere alcune fasi della filiera, investire in macchinari, cambiare le abitudini dei consumatori, etc.), oltre al fatto che il bilancio tra costi e benefici, economici ma anche ambientali, non è pacifico e in alcuni casi può non essere positivo.

Il punto oggi più critico, su cui i co-legislatori europei devono ancora appianare le loro divergenze, riguarda le regole da applicare sull’importazione di imballaggi in plastica contenenti materiale riciclato nel mercato comunitario e, nel dettaglio, la possibilità che possano essere impiegate solo materie prime seconde prodotte in UE negli imballaggi di provenienza extra-UE. Il rischio di escludere l’utilizzo di polimeri prodotti in Paesi terzi, infatti, è quello di violare le regole del commercio internazionale. All’origine della misura, tuttavia, vi è un problema molto attuale, ossia il progressivo aumento di MPS plastiche sul mercato comunitario, provenienti soprattutto dalle nazioni asiatiche. Si tratta di polimeri venduti a prezzi più competitivi rispetto a quelli europei, prodotti però in condizioni che non rispettano gli standard ambientali, sociali e sanitari UE. Nel 2023, questo ha portato ad un crollo del 50% circa delle quotazioni rispetto al periodo 2021-2022 (fonte EuRIC).  

Rimane anche da vedere se in futuro il divieto di immissione sul mercato comunitario di alcuni imballaggi monouso e la riduzione degli imballaggi in plastica, consentiranno di soddisfare le percentuali di materiale riciclato che dovranno essere presenti nel packaging, come previsto dal documento, esclusivamente con le MPS prodotte in UE.

Le parti dovranno ora trovare un accordo definitivo sul testo, con la deadline del 25 aprile, che sancirebbe l’interruzione dei lavori per le elezioni di giugno. Sebbene le disposizioni principali difficilmente cambieranno, diversi punti necessitano ancora di adeguate valutazioni, che consentano di conseguire gli obiettivi ambientali senza penalizzare le filiere del riciclo e determinati settori produttivi.