Economia circolare, economia reale

L’evoluzione del settore del waste management e del riciclo sta accelerando, spinta da due fattori principali: uno europeo, l’altro tutto italiano. Da un lato, l’avvio della regolazione nazionale indipendente da parte di Arera cambierà, almeno in parte, le regole del gioco e impatterà sulla gestione e gli economics delle imprese. Dall’altro, il Green New Deal europeo e la sua attuazione nel nostro Paese spingeranno verso nuovi investimenti, business diversi e innovazione tecnologica.

Siamo, probabilmente, all’inizio di un cambiamento profondo – quello che si direbbe “epocale”- con l’industria dei rifiuti sotto i riflettori, come non lo è mai stata in passato. In questo contesto, ricco di fermenti e di attese, ma anche un po’ confuso, la vera sfida è conciliare la cosiddetta economia circolare con quella reale. La green economy non è solo una visione, quasi filosofica, ma una realtà economica e industriale molto tangibile.

La gestione dei rifiuti, infatti, costituisce da sempre una componente essenziale non solo delle politiche ambientali, ma anche di quelle economiche ed industriali in tutti i Paesi avanzati. Si pensi a due temi chiave: innovazione tecnologica e riciclo dei materiali. Entrambi risentono dell’andamento dei mercati delle materie prime seconde, caratterizzato da una sempre più elevata volatilità dei prezzi e dei volumi, dovuta a cause sia politico-normative sia macroeconomiche, che spesso mina la sostenibilità stessa dell’industria. La ricerca è la chiave per far crescere il riciclo, ma la ricettività dei mercati dei prodotti riciclati e la disponibilità dei materiali sono fondamentali per lo sviluppo su scala industriale.

Questi due fattori sono anche la ragione dell’evoluzione delle strategie delle aziende di waste management che (come hanno evidenziato gli ultimi Was Annual report) puntano sempre più all’integrazione della value chain, unendo la raccolta con la valorizzazione e il riciclo dei materiali. È notizia di questi giorni l’acquisizione da parte della multiutility Iren di I.blu, azienda specializzata nel trattamento della plastica. Segue quelle passate di Herambiente di Aliplast o di A2A di aziende specializzate nei maceri e varie altre. Insomma, si allunga e integra la filiera raccolta-trattamento-riciclo, ma si sviluppa anche la convergenza tra settori diversi. Chi mai avrebbe scommesso su un ruolo trainante di un player oil&gas come Eni e di uno della chimica come Versalis nella ricerca di nuovi materiali e fuel a partire dai rifiuti? Molti altri potrebbero essere gli esempi, sia di ingresso di nuovi player di altri settori, sia di alleanze tra operatori diversi. Nel riciclo delle plastiche la ricerca è l’elemento disruptive: riciclo chimico per superare i limiti di quello meccanico, convergenza rifiuti-energia (Wte, biometano, Css …), nuove bioplastiche sono le aree principali.

La ricerca e l’innovazione diverrà sempre più cruciale sia per permettere un migliore recupero dei rifiuti raccolti, sia per trovare nuovi mercati di sbocco per i materiali recuperati.

Tutto bene, allora? Non proprio, l’economia circolare, da un lato si deve confrontare con gli ingenti investimenti in R&S e in impianti e le complessità autorizzative e di accettazione sociale con cui si scontrano. Dall’altro, si trova a fronteggiare la competizione tra settori e le dinamiche dei mercati globali delle commodities.

Lo sviluppo crescente di progetti per produrre biometano della Forsu favorirà chi ha già la sua raccolta, ma, con l’avvento di big player esterni al settore del waste management, potrebbe nel medio periodo portare a una forte competizione per il suo approvvigionamento.

La progressiva chiusura dei mercati asiatici, Cina in testa, alle esportazioni europee di carta da macero, ad esempio, sta avendo effetti dirompenti sui prezzi e quindi sulla sostenibilità di raccolta e riciclo anche nel nostro Paese. Maceri e recovered plastics fanno ormai parte dei mercati globali delle commoditises e la sovra-disponibilità paradossalmente può mettere a rischio proprio la green economy. Negli USA, diverse municipalità hanno interrotto la raccolta differenziata, aumentato le tariffe, mandato in discarica o incenerito la carta anziché avviarla a riciclo. Cambiano i flussi mondiali del commercio, le policy dei Paesi europei (la Germania minaccia anch’essa di fermare l’import) e si evolvono le strategie delle imprese. Operatori del macero, ad esempio, si integrano a valle nel riciclo.

Nonostante queste difficoltà il settore della gestione dei rifiuti sta crescendo e trasformandosi. Il valore della produzione delle 124 aziende italiane del settore esaminate dall’ultimo Was report è cresciuto nell’ultimo anno del 4,9% a 9,2 miliardi di euro e gli investimenti ben del 17,4%, arrivando a quasi 480 milioni.

In questo quadro cresce anche l’interesse della comunità finanziaria, sempre più attenta ai temi della sostenibilità e alle opportunità di investimento che il Green New Deal può offrire. Tra i sintomi, il nuovo orientamento della BEI verso il finanziamento di sole attività sostenibili o la crescita delle emissioni di green bond anche in Italia. Molti di questi, peraltro, sono stati lanciati proprio da utility impegnate nel settore ambientale.

In conclusione, il waste management è una realtà in rapido divenire, molto complessa e articolata su una pluralità di questioni, dove l’economia circolare deve fare i conti con l’economia reale.

Molti temi diversi che questa rubrica del Was toccherà di volta in volta nei prossimi numeri.